MOODIFY TRASHION E IL NUOVO “TRASH”
Natasa Skerk | Luglio, 2020 | them
Cos’è il trash al giorno d’oggi?
Si tratta di qualcosa di bizzarro, da buttare… o di una vera e propria tendenza, uno stile di vita forse? Il giovane Carles Soler ne parla nel suo progetto “Modify Trashion”, interpretando il termine a modo suo, elevandolo a qualcosa di molto più sperimentale e progressista.
“Il trash in senso letterale, per quanto mi riguarda, è spazzatura, è residuo. Ciò che io vorrei potenziare invece è un vero e proprio atteggiamento, una visione di riutilizzazione che il mondo necessita, a mio parere. Mi piacerebbe che tutti potessero pensare al rifiuto come qualcosa di utile, per la creazione di qualcos’altro, senza aggiungere materiali nuovi, in quanto sia possibile.”
Durante la sua adolescenza, circondato da ulivi e aria pulita, disegnava capi d’abbigliamento sportivi. Fin da piccolo sentiva una certa connessione con la natura e a seguire con l’eco-sostenibilità. Nell’anno 2014 si sposta a Barcellona per studiare design di moda alla Escola Superior de Disseny i Art “Llotja” (ESDAP), dove impara a dar voce ai suoi principi e pensieri attraverso la moda.
Ma cos’è invece il “Moodify Trashion”?
“È un mix di parole, nonchè “mood” e “modify” e la fusione tra “trash” e “fashion”. Le ho selezionate appositamente non solo per il nome della mia attuale collezione ma vorrei si utilizzasse anche come vero e proprio termine. Gli obbiettivi che questo mix nasconde, sono modificare il settore della moda, eliminando il “fast fashion” e consumando responsabilmente prodotti più sostenibili per l’ambiente. La mia proposta è dunque l’upcycling o riutilzzo di materiale residuo.”
Cosi lo spiega Soler, che nella sua collezione di capi d’abbigliamento ha espresso perfettamente il suo concetto sia attraverso i materiali scelti che nell’estetica del progetto:
“Per la mia collezione di abiti ho scelto di utilizzare materiali quali: vele dei kitesurf, tessuti impermeabili di ombrelli, mute da sub, cinture di sicurezza, tappezzerie di divani, pneumatici, striscioni pubblicitari fatti di PVC e “Mesh air”. Il tutto è stato ovviamente riciclato. Tutti i materiali sono stati rivisitati, lavati e testati prima di essere utilizzati. Lo stile della collezione è “cyberpunk”.” continua il designer.
A questo punto spieghiamo cos’è questo cyberpunk di cui si parla…
È una corrente artistica che tratta di scienze avanzate, come l’information technology e la cibernetica, accompagnate da un sentimento di ribellione verso la società, nata nella prima metà degli anni ottanta.
Ciò che ha avvicinato il designer con questo stile, sono delle visioni futuristiche o addirittura post-apocalittiche, in cui la gente utilizza questi capi nel quotidiano, per essere sempre pronta a difendersi, ad affrontare le circostanze. In questo “mental trip”, si immagina uno scenario da videogioco, in cui la gente si ritrova a scappare, a nascondersi dal pericolo ed affrontarlo nei panni da gamer/militare. Dunque l’abbigliamento adatto alla situazione è quello sportivo e funzionale. La sua visione è ben visibile nel video che lui stesso ha realizzato.
Al momento si sta concentrando anche sulla fotografia e produzione audiovisuale, per poter dare un tocco personale anche alla presentazione dei suoi progetti.
Le sue prospettive future sono quelle di organizzare dei piccoli workshop ed esposizioni per far riflettere sul tema del riutilizzo, collaborando con artisti, che sostengono il riciclo e l’“upcycling”.