Consigli di lettura di aprile!

Pablito El Drito | Aprile, 2025 | them


Sonia Bergamo, Oltre lo spettacolo della siringa, Meltemi

Un lavoro sociologico/etnografico su quanto avveniva nel boschetto della droga di Rogoredo, la piazza di eroina e cocaina più imponente della città di Milano nel frangente 2017/2021. Una piazza in cui non solo si acquistava la sostanza, ma in cui avveniva un consumo plateale di droghe pesanti per via iniettiva, cosa che scatenò media interessati a fare scalpore. Esplosa in seguito alla “pulizia” del centro di Milano in vista di Expo2015, insieme ad altre aree di vendita e uso come Ceriano Laghetto, Rogoredo era luogo molto ben collegato grazie alla copresenza della metropolitana e del passante ferroviario, ed è arrivata a raccogliere più di mille consumatori al giorno, provenienti anche da altre regioni. La ricercatrice ricostruisce, mappa, interpreta ciò che coglie tramite rapporto diretto con i soggetti che gravitano nei luoghi dello spaccio e consumo: addetti alla riduzione del rischio, carabinieri, polizia, croce rossa, vedette, consumatori, abitanti, lavoratori di passaggio. Il limite di questo lavoro è che il punto di vista del ricercatore appare poco attento ai soggetti più presenti sulla scena: i consumatori sono rappresentati quanto le guardie o le istituzioni, a fronte del fatto che sono il 95% dei coinvolti nella attività descritte e analizzate.

Francesca Cerbini, Prison lives matter, Eleuthera

Viviamo in un’epoca di proliferazione del sistema carcerario, accompagnato da un’enfasi quotidiana della poitica su sicurezza, punizione e pena. Nelle nostre città, i cui spazi sono contesi tra multinazionali della gentrificazione, ceto medio in erosione e sottoproletariato migrante soggetto a controlli sempre più pressanti, il vuoto lasciato dallo stato sociale ha portato all’espansione dello stato penale. Raccontare il sistema carcerario, il “ventre delle bestia” pone il ricercatore in difficoltà, in quanto il carcere è un contesto asimmetrico, in cui il prigioniero ha difficoltà a esprimersi o lo fa utilizzando dei concetti etici, magici, religiosi molto distanti dal pensiero borghese occidentale, la cui razionalità entra in crisi in contatto con l’ethos e l’habitus di certi contesti. Il libro appena pubblicato da Eleuthera cerca di indagare come funziona l’istituzione carcere e il modo in cui le persone che lo abitano si raccontano e rappresentano. Non è un libro sulla “sottocultura” carceraria, ampiamente romanticizzata e idealizzata da romanzi e serie tv, ma un’indagine etnografica che indaga principalmente le carceri del sud del mondo. Numerosi sono gli esempi di autogestione o cogestione delle prigioni da parte dei detenuti, tramite cupole che talvolta più che società criminali o gang sembrano confraternite massoniche. O anche di chiese che autogestiscono parti di carceri. Il libro racconta la prigione superando il paradigma foucaultiano del panopticon e dell’infantilizzazione del detenuto, restituendogli dignità e protagonismo.

Maurizio “Gibo” Gibertini, Non mi sono fatto niente. Guerriglie esodi droghe carceri, Milieu

Autobiografia “disconnessa” da continui flashback, come evocada acidi che risalgono all’improvviso, il libro appena pubblicato da Milieu racconta la trasformazione di “Gibo” da nerd teppista di periferia a rivoluzionario gauchista. “Gibo” Gibertini, classe 1953, fin da piccolo non perde tempo. I suoi occhi curiosi e il suo cuore generoso ci portano a ripercorrere stralci di storia politica e della controcultura milanese. Barbonia city, i collettivi studenteschi, piazza Fontana e l’omicidio di Pinelli, Vallanzasca e i fratelli Bellini, Lotta Continua, il sei politico, il rifiuto del lavoro, la rivelazione tramite l’uso di hascish & acido lisergico, gli scontri con le guardie, la musica rock e la musica folk, le contestazioni, Dario Fo e Franca Rame. Poi, dopo due agguati a mano armata da parte dei fascisti, la prima pistola e i festival hippie, il dramma dell’eroina, i circoli del proletariato, Rosso, l’oppio e i funghetti, l’Autonomia, gli scazzi con il Pci e con la compagneria sempre più divisa. Dopo il golpe in Cile c’è l’adesione alla lotta armata, sempre più pistole e fucili, ma allo stesso tempo la vita “civile” continua con le occupazioni di stabili, gli espropri, le autoriduzioni, i cortei, i grandi amori. Infine la passione per il viaggio, per il perdersi e il ritrovarsi. “Gibo” cambia aria giusto in tempo per non vedere con i propri occhi dal vivo lo sfaldarsi del mondo alternativo che ha contribuito con generosità a creare. Visita l’oriente come il sud America, dove scopre la cocaina, che per un periodo lo distrarrà dalla politica. Ma la repressione non si fa attendere. Narrazione febbrile, ironica, intrigante, per nulla retorica. Il linguaggio, un po’ostico nelle prime pagine, capitolo dopo capitolo si scioglie inchiodando il lettore fino a che non arriva l’ultima pagina. Vent’anni che sembrano un film girato in anfetamina. Il lieto fine non c’è, non siamo mica americani, ma una “razza rivoluzionaria” tutta a sé che sa coniugare dolcezza e rigore morale, marxismo eretico e psichedelia, progetto politico e fantasia, Bob Dylan e Vasco Rossi.

Katiuscia Magliarisi, Il ruggito della strada. Storie di cinema poliziottesco e della mia mala famiglia, Milieu

Il libro appena pubblicato da Milieu incarna al meglio ciò che questa casa editrice, attiva da anni nell’incrociare storia criminale e sociale, si propone, tanto che potrebbe diventarne “il libro manifesto”. La Magliarisi, che la cultura e l’estetica criminale l’ha respirata in famiglia fin da piccina – è nipote di un pezzo da novanta della mala milanese – ha messo insieme uno scritto che è uno di quei prodotti editoriali che io chiamo “oggetti librari non identificati” per la ricchezza di spunti, di suggestioni e di argomenti. Infatti è una miscela di storia famigliare, storia del cinema (il poliziesco all’italiana è il focus, ma si parla di cinema “di genere” mondiale, soprattutto italiano, americano e francese), storia politica, sociale e del costume dal dopoguerra agli anni novanta. Qui ci si perde nei mille rivoli che la Magliarisi tiene insieme con abilità: ci parla di registi, attori, stunt, scrittori, musicisti quanto di rapinatori, ladri, gestori di bische, sbirri, magistrati, processi e carceri. Così, pagina dopo pagina, emerge un affresco che ci permette di interpretare l’Italia delle ultime due/tre generazioni tramite strumenti nuovi e punti di vista inediti, che la storiografia o la critica cinematografica tradizionale normalmente non riescono a mettere in campo, mentre l’autrice, grazie alla sua “malafamiglia” e alla susa capacità di sintesi, racconta con scioltezza e competenza. Avvincente.

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