Ogni cosa è una Tela da dipingere

Alessandro Volandi | Febbraio, 2017 | them


La parlata di chi ha vissuto molte albe a Milano, un ciuffo al limite della perfezione, una mano straordinaria, capace di raccontare per immagini oggetti reali e non: Tela è molto più che un progetto di illustrazione, è un viaggio inedito dove ironia ed estetica si mescolano di continuo per esaltare la bellezza del divertimento ed esprimere l’umanità che ancora persiste nel mondo. Questa intervista nasce per caso, una sera a caso, in un luogo quasi a caso (grazie alla crew di Des Film per l’ospitalità).

Che cos’è Tela e chi è Il Tela? Presentati.

Sono Andrea Rizzi, Tela è il mio marchio di illustrazione. È il brand dei miei prodotti, ma si riferisce anche a me come persona, come figura che fa un mestiere a cavallo tra l’artigiano e l’artista: quindi ciao, sono Il Tela.

Più che a cavallo, direi in bicicletta, che è il tuo primo prodotto.

Dal telaio di una bici è subito nato il gioco di parole telaio/tela su cui dipingere. Qualche anno fa ho visto la linea di bici di Achab al FuoriSalone e sono rimasto folgorato: eleganti e fantasiose allo stesso tempo, bellissime. Da quel momento, per un paio d’anni non ho pensato ad altro che portare quell’idea al livello successivo: creare un servizio di bici personalizzate.

Non proprio un prodotto per la massa, insomma. Una volta non era quasi “da sfigati” andare in giro in bici?

È vero! Quando da ragazzino andavo in giro con la bici della mamma non era certo una cosa da boss del quartiere, però mi è sempre piaciuto come oggetto, ha una forma stupenda, mi fa pensare alla velocità, al tratto di un disegno. Quando pedalo svuoto la mente, mi sento leggero, ma poi c’è tutto un discorso affettivo, è una passione che mi ha trasmesso mio padre.

Biciclette, felpe, magliette, poster, insegne, potenzialmente il tuo lavoro ha infinite applicazioni. Quali sono le differenze di approccio all’autoproduzione rispetto che ai lavori per altri brand?

Faccio sempre uno studio molto dettagliato, prima di tutto. Cerco di arrivare ad un compromesso tra quello che mi chiede il cliente e quello che voglio sia percepito come il mio tocco personale. Il cliente mi contatta perché apprezza il mio lavoro, per cui è giusto che riceva quell’unicità.

Quanto influisce il luogo di lavoro sul processo creativo?

Il luogo di lavoro è fondamentale. Io ho iniziato nel box di casa, dove avevo a disposizione tutti gli attrezzi del mondo, per cui potevo saldare, lavorare il legno, fare qualsiasi cosa. D’altra parte però non staccavo mai, stava diventando una droga.
Adesso ho uno studio, lavoro in modo più disteso, posso ragionare lucidamente. Oltretutto condivido lo spazio con altri matti, tutti che fanno custom: Mr Bici, Crazy Oils (che fa moto, soprattutto Harley Davidson), Ale Design (canoe, auto, moto), chi fa pin striping, chi lavora con l’aerografo. Si creano stimoli continuamente. Prossimamente ad esempio uscirà la mia prima Harley.

Come è nata la “Giungla Urbana”, il tema della tua primi bici?

Ho spostato mentalmente l’immagine della bici che sfreccia nella giungla urbana in una giungla vera, così ho studiato un abbinamento di verdi. Ho disegnato il tema su carta, e poi direttamente col pennello sul telaio. La prima volta è stato difficilissimo passare dal foglio ad un oggetto in 3D, oltretutto tubolare, con una geometria tutta sua. La cosa divertente è stata modificare il disegno in base alla superficie, far ricongiungere le linee in un modo che non avevo programmato, trasformare l’imperfezione. L’imprevedibilità è ciò che rende unico il pezzo. Ogni bicicletta è unica, con un nome e un colore diverso.

Negli anni hai partecipato a diverse fiere e mercatini. Qual è l’evento in cui hai avvertito più cura nei confronti degli espositori?

Il Factory Market di Bergamo è un posto dove mi trovo sempre bene. C’è una bella atmosfera, la gente si conosce, si creano amicizie, sono tutti lì per la stessa cosa. Parlo degli espositori, eh. Ci si saluta, si chiacchiera mentre si monta e si smonta, c’è rispetto tra di noi e disponibilità da parte degli organizzatori. C’è la curiosità dell’altro, nessuna rivalità come invece ho notato in altri mercatini; quella è una cosa che odio.

Chi sono altri illustratori che stimi?

Un brand che seguo sempre è Isoì. Sono una ragazza e un ragazzo, lei illustratrice, lui grafico. Sono veramente in gamba, mi piace come lavorano e nelle loro produzioni ritrovo la stessa cura e passione che metto io in quello che faccio. Ne seguo anche altri, come Spugna e Johnny Cobalto.

Quanto tempo passi sui social?

Tanto. Non cazzeggio mai però. Seguo il mio settore, anche solo per trovare eventi, propormi, fare rete. Guardo chi partecipa alle conversazioni, le singole persone potenzialmente interessate a quello che faccio. Soprattutto su Instagram puoi farti dei viaggioni. È velocissimo. Puoi raggiungere chiunque senza chiedere amicizie o altro. Dieci giorni fa un profilo con 150mila followers ha condiviso una mia immagine e ho preso 2600 like in un pomeriggio. È più del doppio del pubblico che ho costruito su Facebook in due anni.

Guardando al futuro, vorresti continuare ad inventare prodotti o lavorare per altri?

Entrambi. Voglio lavorare con Vans, con Crazy Oils e nel frattempo portare avanti le mie cose e venderle. Un domani voglio uno store di prodotti miei, per le persone che si ritrovano nello stile di vita del mio brand. Tu puoi personalizzare la tua vita con le mie cose.

Potenzialmente qualsiasi cosa?

Io posso disegnare sulle pareti di casa tua o… sullo scopino del cesso, per dire.

Addirittura? Suona un po’ trash.

Perché? È un oggetto quotidiano, lo usiamo tutti. Io voglio provare a disegnare su qualsiasi cosa. Più cose fai più cose impari, più gente conosci. Tela è una marchio di personalizzazione. Qualsiasi tecnica su qualsiasi materiale. L’unico limite è la fantasia.

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